L’URGENZA che hanno le PRATICHE DI CONSAPEVOLEZZA in queste nostra contemporaneità infetta dal veleno pervasivo del potere egoico (intendiamoci il problema è e sarà sempre il solito se non seccheremo o conterremo le sue radici).
Ma che tempi stiamo vivendo?
Violenza, disonestà intellettuale, odio, cinismo e menefreghismo: sembra di aver fatto un salto indietro, ai primi del 1900, abbiamo di nuovo perso la via? Come poteva non essere altrimenti?
La promessa dei diritti umani, della pace, dell’emancipazione era solo un’illusione?
Purtroppo, la risposta è dolorosa. Non abbiamo saputo lavorare sulla radice profonda della natura dei conflitti, quei Klesha (i moti egoistici di ignoranza, attaccamento e avversione) che ci portiamo dentro.
La storia continua a ripetersi (samsara) e la nostra società si incancrenisce in un dualismo misero, cieco e violento.
È più che mai in questo momento che il DHARMA, con i suoi insegnamenti e le sue pratiche di consapevolezza, sono di VITALE IMPORTANZA.
Come ci ricorda il maestro Thich Nhat Hanh: “la MEDITAZIONE non è un rifugio, ma è un ATTO CIVILE, UN IMPEGNO SOCIALE IMPRESCINDIBILE”.
La nostra prima risposta allo sfacelo è quindi la MEDITAZIONE IMPAGNATA.
I governi, la società, le multinazionali sono in mano a persone disconnesse dall’Amore e dalla Compassione (che novità!). Per non rimanere sopraffatti da tanta ignoranza e sofferenza, è indispensabile, è urgente un lavoro interiore da coltivare diariamente.
Meditare significa essere sia consapevoli di quanto sta succedendo dentro e fuori di noi in questo preciso istante, e soprattutto capirne profondamente le cause. Quello che c’è oggi è la sofferenza di molte persone e l’annientamento della vita. Dovremmo essere tutti motivati a fare qualcosa per lenire queste ferite.
Il nostro primo compito dovrebbe essere quello di prenderci cura in primis di noi stessi, comprendere risolvendo la crisi globale dentro di noi (bodhichitta) e poi uscire per sostenere gli altri (bodhisattva).
C’è da camminare consapevolmente accanto alla sofferenza, c’è da praticare il respiro consapevole anche mentre i bambini muoiono di fame, di paura, di ferite e altri si abbuffano di illusorietà effimera e arroganza. Se non pratichiamo in questi momenti, rischiamo di perdere noi stessi, di esaurirci e di non poter più aiutare nessuno.
Le pratiche di consapevolezza ci danno l’energia e la stabilità necessarie per coltivare un cuore compassionevole. La Meditazione Impegnata nasce proprio in queste situazioni: preservare la nostra pratica per poter rispondere alle sofferenze che ci circondano.
Immagina se tutti noi lavorassimo ogni giorno sulla compassione, sulla gentilezza e sull’equanimità. Dove sarebbe la guerra? La pace non inizia in un trattato, ma nell’intimità della nostra mente-cuore.
La non violenza (Ahimsa) non è un’assenza di conflitto. È una scelta. È una visione che diventa pensiero, parola e azione. L’ahimsa è il seme che dobbiamo coltivare ogni giorno con la pratica meditativa, con sforzo, concentrazione e consapevolezza. (Dharmachakra)
Per questo la meditazione è il primo passo per un’azione sociale impegnata. È un concreto atto di ribellione contro la ferocia dell’ego.
Non lasciamoci tramortire. Rimaniamo presenti e umani.
Se non ora, quando?
Nico
P.S.
Ci ho pensato un po’ al fatto di mettere certe immagini in questo post. Poi ho scelto.
Se vuoi essere pace hai che vedere (vidya) e stare con la sofferenza e la miseria dei conflitti (Dukkha). Chi ne fugge o ne rimane catturato (avidya), se pur comprendendo, né è inevitabilmente responsabile (ayoga).

“Non si tratta di giustificare, di condonare, ma di capire. Capire, perché io sono convinto che il problema del terrorismo non si risolverà uccidendo i terroristi, ma eliminando le ragioni che li rendono tali.” Da ‘Lettere contro la guerra’ di Tiziano Terzani